© Copyright Tutti i diritti sono riservati: è vietata la riproduzione anche parziale di immagini, testi e brani musicali presenti su questo sito. Una vita dedicata all’arte, alla ricerca, allo studio, alla creatività a 360°. MARISA MOLA La sua carriera artistica, è una fusione tra arte, fashion e musica. Diplomata presso l'Istituto Statale d'Arte di Monopoli, sezione Arte del Tessuto e in Arti Visive/Pittura e Decorazione, con il massimo dei voti e lode, all’Accademia di “Belle Arti” di Bari, ha frequentato qualificati stage di perfezionamento in materie artistiche presieduti dagli artisti internazionali Enrico Baj e Joe Tilson con la partecipazione di importanti critici d’arte tra cui Achille Bonito Oliva, Gillo Dorfles, Filiberto Menna. Vincitrice di concorso ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento di Disegno e Storia dell’Arte. È stata e continua ad esserlo con successo, protagonista di numerose mostre personali, collettive d’arte e premi sia in Italia che all’estero, tra cui: Giappone, Austria, Spagna, Francia, Emirati Arabi, Germania, Istraele...
Marisa Mola, oltre ad essere una Pittrice professionista e una fashion designer è anche una Cantante (in arte MOLÁ, interprete e cantautrice). In sintesi, in campo musicale, ha ampliato le sue conoscenze dapprima con il M° Gaetano Piscopo (Tenore), poi con il M° Mario Rosini (Cantante, Musicista e Docente presso il Conservatorio E. R. Duni di Matera) fino a essere ammessa al CET di MOGOL (Centro di Eccellenza Universitario della Musica Popolare di Toscolano). Attualmente è impegnata in progetti musicali live con repertori di Musica Pop, Leggera, Vintage, Jazz e Classica napoletana, con una formazione musicale variabile (duo, trio, quintetto).
Opera: "IL MIO ALBERO" olio e acrilico su tela "Ogni volta in cui, crescendo, avrai voglia di cambiare le cose sbagliate in cose giuste, ricordati che la prima rivoluzione da fare è quella dentro se stessi, la prima e la più importante. Lottare per un’idea senza avere un’idea di sé è una delle cose più pericolose che si possano fare. Ogni volta che ti sentirai smarrita, confusa, pensa agli alberi, ricordati del loro modo di crescere. Ricordati che un albero con molta chioma e poche radici viene sradicato al primo colpo di vento, mentre in un albero con molte radici e poca chioma la linfa scorre a stento. Radici e chioma devono crescere in egual misura, devi stare nelle cose e starci sopra, solo così potrai offrire ombra e riparo, solo così alla stagione giusta potrai coprirti di fiori e di frutti. E quando poi davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta. Respira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cui sei venuta al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e aspetta ancora. Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va’ dove lui ti porta." ...tratto da: "Va dove ti porta il cuore" di Susanna Tamaro (Rizzoli, 1994)
RECENSIONI: << …nella effervescenza di una rinnovata ispirazione figurativa connessa a una visione bio-etnico-antropologica ove le atmosfere si distendono in ampie spaziature di insieme, Marisa Mola dà il meglio di se stessa convertendosi ad una religione pittorica panistica, contrassegnata da elementi della terra che quasi indistintamente formano animistiche figure di piante e alberi con sembianze umanoidi di forte estensione vitale che si librano in eterei slanci di sinuose libertà. Paesaggi, alberi, radici, per il calendario umano sono l’inizio del viaggio della vita. L’artista Mola, al top del suo corso figurativo-pittorico esprime la “palma res” della sua storia scegliendo la natura nelle sue forme più dinamiche, quasi ad esprimere in un concentrato di energie esplosive la sua voglia di estendersi a 360 gradi nello spazio verde di campi, giardini e campiture in movimento. Il risultato è una gamma di folti, nutriti e benevoli intrecci di estensioni figurative bio-umane. E’ per l’artista l’ingresso di un itinerario spettacolare che fa tappa nelle piante e negli alberi le cui chiome attraverso metamorfosi umane si elevano e agitano aritmicamente verso il cielo. Difficile non rievocare oniriche visioni incantate di Pollockiana memoria, lì ove finisce la terra e inizia un limbo in sospensione di corpi umani ed elementi vegetali che si coniugano in dinamiche consistenze e all’unisono celebrano la fluida danza della vita che vibra all’ alitare di complici venti. L’atmosfera pittorica è di verdi incantamenti, di mondi che ridivengono giardini, orti, foreste i cui elementi animistici a ritmi di bio-danza inneggiano alla purezza e all’armonia del creato secondo la melodia della vita che frenetica, o sobria, o armonica, si compiace di elevare i propri motivi al cielo. Marisa Mola esalta il valore espressivo del suo sentire nel colore e nel movimento che ricerca e ripropone in forme nuove. In “ Mia è la foresta “ e in “ Figure danzanti “ le tele sono ricoperte all’inverosimile di corpi indefiniti, ghirigori e spirali che ondeggiano nel vuoto creando risonanze cromatiche e…ritmico-ondulatorie. “ La forza della vita “ rimarca un inno alla vita dato da un andare verso, di un corpo accennatamente femminile seguito da altri che coralmente incedono… E così via nella “ Donna raggiante “ e “ Insieme “, mentre nel “ Paesaggio fantastico “ si aggiunge un elemento animale: un maestoso, bianco cavallo che ripercorre il ritmo della danza. Il dinamismo, lo “ stress “ che oggi si avverte nell’andamento del quotidiano è una reazione umana agli stimoli del fuori di noi. Può sembrare un paradosso, ma psicologia docet, senza di esso non c’è benessere. Sulle tele dell’artista Mola il fluido intrecciarsi del movimento quasi di matissiana memoria non opera affastellamento né tanto meno confusione ma esprime a pieno il senso del dinamismo dell’essere, quello della coppia, quello dell’umanità fatta di natura, mente e corpo che si elevano all’unisono nell’incessante corteo della vita. L’artista è indiscutibile icona di iperattività e glamour, un concentrato attivo di sogni e immaginazione, realismo ed emozione, fantasia e curiosità di sapere, caparbietà e fiducia, elementi del carattere che traspaiono dai segni delle sue opere, nei colori, nel dinamismo delle forme dei suoi racconti pittorici. “Ho fatto un sogno” era una espressione di Martin Luther King, che vedo tanto appropriata all’artista che emerge dalla “terra” come il segno femminile che la contraddistingue e da questa prende il volo, fermamente convinte che per “la terra” c’è ancora il senso del sognare: Mola attraverso il vigore delle ampie spaziature riccamente e minuziosamente pennellate crea in terra ed è nel sogno. IL segreto della sua coscienza artistica è un “mix” giusto tra le due locazioni che trovano unità nella dimensione dell’armonia estetica. La priorità della visione antropologica dell’arte non la spinge verso il basso, ma attraverso un candido naturalismo realistico, tende decisa al volo che va oltre qualsiasi limite del descrittivo e del decorativo. Nelle sue tele non vi è traccia di sudore, dolore, solitudine, anzi l’individualismo artistico si apre ad una realtà cosmica, dove l’unità è data dalla fusione flessuosa e ardimentosa degli elementi umani o naturali. Il segreto della vita serena di donne e uomini è in un eden senza il peccato originale, ove ogni frammento del tutto si muove all’unisono per decantare e perpetuare un sogno, è una preziosa amalgama di armonia, dinamismo e ritmo che fissano il momento della tela nell’atmosfera immobile e incantata dell’opera d’arte. Si coglie nell’artista il desiderio di ritrovare tracce e segni di immutabili simboli e culti della dea madre. Nella sua visione naturalistica ritroviamo la primordialità degli elementi del culto: l’acqua che trasuda nell’evanescenza delle atmosfere, la terra con i suoi misteri, avvolgente teatro della vita, l’aria che consacra le armoniche movenze, il fuoco ovvero la forza dell’eros sacro promotore della vita stessa. La coppia umana è più spesso presente e non poteva che essere tale una pittura che inneggia alla Dea – Madre della rigenerazione, della sana continuità nell’incessante corteo dell’esistenza che non ha la soluzione di contuinità, che sgorga grazie all’eros, principio animatore e conduttore del mondo. Muoversi tanto, tutto si muove in natura cercando di raccogliere senza perdere nulla. Marisa Mola invita a seguire il ritmo di un living sinuoso e arcaico. IL movimento è dato da preziosi momenti in sequenza in cui non è necessario pensare, anzi è esso stesso un flusso di pensieri liberi e positivi in cui rilassarsi è affidarsi completamente all’onda liberatoria. IL dinamismo secondo la psicologia corrente è una reazione umana agli stimoli esterni. E’ la condizione dell’umanità che vive. Esso porta in risalita l’”ego” e trascina con se tutto il carico di entusiasmi, desideri, emozioni, esperienze. La sua esasperazione porta allo “stress”, ma la sua sana esuberanza rende la vita piacevole, dà benessere. Marisa Mola da vera artista, pregna di sensibilità, coglie questa imminente condizione esistenziale e lo fa attraverso le calde forme rotonde – la curva è tipicamente espressione del femminile – che si snodano nell’etere, nei colori, ora tenui, ora dichiaratamente di toni accesi e cromaticamente vibranti nell’onda del movimento, nella luce che si irradia cadenzando il ritmo della tela. L’arte dell’artista parte dalla terra, dal momento presente e si proietta nel futuro infinito, che pur onirico continua a rispettare i canoni di una naturalità prettamente umana, assecondata dal crisma della bellezza che nasce spontanea dalla personalità solare della pittrice. Le sue tele emanano armonia totale, spazi ariosi che protendono all’accoglienza intima del visitatore. IL magistero di Marisa Mola risiede nella particolare ideologia dell’umanità e della natura, la cui fusione è una vera e propria icona, una scultura sociale che vibra verso un infinito a 360 gradi. lL risultato è una splendida parabola esistenziale valorizzata da un armonico senso estetico della narrazione figlia di una tradizione escatologica antica, naturale indomabile.>> Carmela AMATI <<… Marisa Mola, conosciuta dagli addetti ai lavori nazionali e internazionali, nelle opere esposte propone "pittusculture" in cui si avverte lo stretto legame tra la natura e l"uomo e tra la natura e il mondo degli animali. I soggetti, dalle forme sinuose e bizzarre, mettono in rilievo un mondo che, attraverso un dialogo costruttivo, cerca un’intesa sulla comunicabilità.>> Riccardo RICCARDI <<… di fronte a noi abbiamo un’artista molto sensibile che vive a 360° il proprio mestiere, che nel tempo ha maturato una straordinaria conoscenza dei mezzi espressivi con cui riesce ad indagare nella profondità dell’animo, per ritrovare e rivalutare i temi eterni che l’umanità, distratta dal misero vivere quotidiano, dimentica troppo facilmente. Così le stagioni della vita, l’amore, la condivisione, il rispetto per la natura diventano visibili riflessioni artistiche. Certamente tutte le esperienze professionali e artistiche fin qui maturate, e vi posso assicurare che sono tantissime, hanno contribuito a dirigere la ricerca della nostra pittrice verso uno stile moderno, essenziale, dove colore, materia, gesto, supporto pittorico, si fondono magicamente con la sua visione dichiaratamente femminile del mondo, con la sua mediterraneità, con la sua cultura storico-artistica, con l’apporto fondamentale delle diverse personalità che Marisa ha incontrato, sui libri o dal vivo, o nei tanti viaggi e nelle tante esposizioni in Italia e all’estero. E’ così che nel tempo la sua mente, il suo cuore, i suoi occhi si sono nutriti, catturando immagini di realtà fisiche e interiori, di luoghi geografici, ma anche di luoghi della mente e del cuore, percepiti e pensati con la ragione, filtrati con il sentimento; la ricerca razionale della figura umana raggiunge nel tempo un’essenzialità che rasenta l’astrazione, e si configura in forme semplici, bidimensionali, che l’abilità decorativa dell’artista trasforma in uomini-donne-albero che si intrecciano nei corpi, memori dei tronchi nodosi dei nostri ulivi secolari, piante antropomorfe dalle possenti radici e dalle chiome che si muovono in superfici arabescate, in tessiture cromatiche di grande impatto percettivo. Incrociando e sovrapponendo i motivi tipici delle visioni pittoriche di cui dispone nel suo repertorio, già definite bio-etnico-antropologiche, Marisa, pur in un’apparente caoticità, esprime i suoi sentimenti con ordine, con chiarezza, con uno stile solare che privilegia il rapporto decorativo come solo una donna pittrice può e sa fare. Corpi di uomini e donne, cavalli, uniti alla Madre Terra, diventano protagonisti di immagini vitali, tanto moderne e, nello stesso tempo tanto antiche, nelle quali Marisa certamente esalta il valore mediterraneo della sua pittura, una pittura che fa tesoro della cultura artistica, per così dire “storica” del bacino mediterraneo e la unisce al sentimento che nutre per la vita, per la sua terra e al suo modo di comunicarlo. Uomini-alberi-ulivi subiscono metamorfosi: esseri umani e natura, alberi e piante, allora si fondono, si trasformano e raggiungono quell’espressione pura che trasporta il fruitore dell’opera in mondi originari, primitivi, incontaminati, e per questo degni di essere difesi dalle teorie di corpi. La forma e la ripetizione ritmica delle figure che danzano sulla tela, si associano a paesaggi e atmosfere che, come luoghi universali, celano nel loro dinamismo, l’essenza e la vitalità primordiale della vita. Terra, acqua e fuoco diventano simboli atavici che Marisa dipinge per necessità interiore, per quel bisogno di meditare, ma anche per quel bisogno che sente di riportare in luce gli aspetti essenziali della vita. Fuoco e acqua, i principi antagonisti, che dalle origini dell’umanità, presiedono alla morte e alla rinascita e, quindi, alla vita, diventano motivi ricorrenti. I falò creati con gli intrecci cromatici, disposti ritmicamente rappresentano il fuoco nuovo, intorno al quale si riunisce la comunità, un fuoco che brucia le cose morte e le fa ritornare alla vita: è il trionfo della luce sulle tenebre, del calore sul freddo, che per la nostra pittrice non è difficile riscaldare con un grande sole che ramifica i suoi raggi e li fa intrecciare e congiungere all’uomo. Così la terra dipinta da Marisa si rigenera recuperando le immagini di quei falò che dopo il raccolto, nella calura estiva, ardono nelle distese di campi, e le cui visioni inebriano l’occhio e l’olfatto. La purificazione con il fuoco risulta così complementare alla purificazione con l'acqua, che nel suo continuo trasformarsi e muoversi, nutre, disseta, alimenta: le cascate d’acqua che fungono da fondali in alcune opere simboleggiano il luogo di nascita dell’Universo, anima del Mondo, Madre per eccellenza, generatrice di vita, e quindi dell’Amore, quell’Amore che, come l’Acqua, abbraccia senza stringere, come si abbracciano gli uomini e le donne che si donano per donare la vita. Marisa ogni volta che lavora opera una ricerca che la conduce allo stato puro della sua artistica visione dell’universo, quello stato che diventa, per l’essenzialità delle immagini, la sintesi di tutto e dal quale tutto può ripartire. Davanti ai nostri occhi, le associazioni di forma e colore, ora violente, ora pacate, sono rese veloci dagli “intrighi” cromatici; la conoscenza del colore e la bravura nell’esaltare i suoi molteplici effetti, consentono a Marisa di esprimersi come un musicista, disponendo le forme e le figure colorate a diversi livelli, come fossero note di un pentagramma. L’artista svela così il suo interesse non verso il colore, ma verso il rapporto tra colori. Un grande maestro del ’900 Henri MATISSE, considerato un “fauve”, un selvaggio, per la violenza dei suoi colori, diceva che “…un’unica tonalità non è che un colore; due tonalità sono un accordo, sono vita”. Ed è proprio la vita che la nostra artista si diverte a ricercare con la sua tavolozza, una tavolozza usata a mò di strumento musicale, che produce innumerevoli accordi cromatici. Esprimendo così l’armonia e i contrasti della vita, il sinuoso movimentarsi della natura, dove l’uomo si distende in un ritmico fluire di passioni, di abbracci, di fremiti, di spinte, che Marisa restituisce alla pittura il suo valore lirico. Ogni elemento della composizione viene esaltato per effetto dei contrasti e delle armonie, e giunge chiaro e pacato, così che i nostri occhi possano godere di quel silenzioso rapporto che si stabilisce magicamente tra il dipinto e chi guarda, così che del riposo del gesto pittorico possa godere dopo la fatica sia l’autrice che chi guarda, perché si sa che il suono si può sentire chiaramente solo quando sorge dal silenzio. Per Marisa, linee, contorni, forme colori, luci e ombre si liberano dai limiti dell’imitazione oggettiva, della semplice rappresentazione, e ci forniscono la sua illustrazione del mondo, della vita, dell’universo, che proprio attraverso le immagini, si chiariscono nella sua e nella nostra coscienza. Inoltre, Marisa arricchisce alcune sue creazioni di tagli, che se da un lato rivendicano l’unicità del gesto artistico come ulteriore conferma che l’arte non è del tutto riproducibile, dall’altro esaltano il valore tridimensionale del supporto pittorico che così va oltre la sua superficie, valica i confini materici e si fonde con il reale, con l’aria, con la luce, sposa lo spazio, il quadro entra nella vita. L’artista così apre la sua anima e la offre. Ed ecco che la pittura, si carica di un nuovo affascinante potere evocativo, capace di sprofondare negli abissi dell’intimo e di seguire un programma che accanto all’arte non esclude la poesia, la musica, la filosofia. >> Maria DE MOLA <<… Le pirotecniche e policromatiche invenzioni dell’artista Marisa Mola suscitano stupore e meraviglia nello spettatore. Paesaggi frutto delle sue elaborazioni personali, non già del reale contingente, sfruttano al meglio le capacità innate dell’artista di creare dal nulla mondi sognati e sognanti. Figure bianche stilizzate contro uno sfondo dal verde intenso s’intrecciano in ghirigori, sprizzando gioia di vivere e desiderio di una spiritualità non mistica bensì dionisiaca. C’è un qualcosa di misterioso e primitivo nella pittura di Marisa Mola, in una vorticosa danza antica intorno a strani fuochi fatui, e quel qualcosa è il talento creativo di una vera artista.>> Nadine GIOVE <<... Una pittrice che gioca sempre a carte scoperte con LA “GIOIA DI VIVERE” NELLA DANZA DELLE SUE NINFE BOSCHIVE. Nelle opere traspare il grande amore per Matisse, ma lei riesce ad attutire la violenza dei colori dei fauves, coniugandoli con le delicate “nuances” del Mediterraneo. Marisa Mola è una pittrice che gioca a carte scoperte. Per un motivo molto semplice: ama dire la verità in ogni occasione, ad ogni costo. E anche per questo non sa barare specie nel campo che le è più congeniale, quello dell’arte. Ragion per cui si vede, di primo acchito, quale è stato il suo primo amore: Matisse. In particolar modo venne affascinata da una delle sue opere più famose ed intriganti: la “Danse”. Ma i colori, ad onor del vero, non sono quelli dei “fauves”, le belve, come furono definiti Matisse e compagni, quando nel 1905, a Parigi, debuttarono al Salone d’Automne. Oltre al “grande Henri”, c’erano Georges Roualt, Maurice De Vlaminck e André Derain. Fu proprio in quell’occasione che il critico Vauxcelles li definì “belve”, riferendosi all’impeto ferino con cui essi distorcevano forma e colori. A differenza di De Vlaminck – che dipingeva paesaggi improbabili, colorandoli con rossi e gialli che si urtavano a vicenda – Matisse puntava invece su più gioiose accensioni cromatiche che risentivano soprattutto dell’influenza di Gauguin e anche del “pointillisme”, evidente, quest’ultimo, nel famoso dipinto “La gioia di vivere”. E la nostra Marisa? I suoi colori, grazie ad una non comune sensibilità cromatica, sempre di matrice mediterranea, sono più pacati, più distesi. La pittrice pugliese, insomma, riesce ad attenuare la violenza delle “belve”, che, come noto, esasperavano l’uso del colore puro, spremuto direttamente dal tubetto sulla tela, in pennellate dense e vibranti, materiche, sulla scia della intensa virgolatura di Van Gogh. In particolare, Marisa Mola dedica maggiore attenzione agli effetti luminosi e delicati sia nel paesaggio che nella stesura delle figure, per lo più danzatori, di sesso maschile e femminile, trasfigurati dall’interpretazione personalissima dell’artista. Un’artista che attraverso un’immagine deformata del reale – vuole esprimersi liberamente: non solo per dilettare, ma anche per provocare la sensibilità dello spettatore. Danzatori diafani, eterei, quasi impalpabili, in grado però di elevare al diapason, grazie ad atmosfere etniche, quella gioia di vivere che fece dire a Matisse: “Tutti i miei rapporti di toni devono formare un accordo vivente di colori, un’armonia analoga a quella di una composizione musicale”. E, in linea con le intuizioni del maestro, Marisa non esita a dare sfogo alle sue percezioni cromatiche per dare la stura ad una sinfonia di delicate “nuances”. L’obiettivo è chiaro: trascinarci in una vorticosa sarabanda in cui si corre il rischio di restare senza fiato, pur di non lasciare la mano dei gaudenti compagni di viaggio. Ed ecco alcune coppie danzanti sulla spiaggia oppure davanti ad una cascata, o immerse in acrobazie, a testa in giù, accanto a bianchi destrieri. Talvolta giocano a rimpiattino con un megafiore oppure, all’ombra di gigantesche calle, a guisa di ninfe boschive, tentano di sfuggire alle mire di satiri in fregola. Segni grafici che rappresentano le radici, mentre le braccia delle figure non esitano a trasformarsi in rami. Per Marisa simboleggiano le cose concrete, certi valori trasmessi dalla famiglia, l’amore (materno e universale) l’educazione e la cultura che ereditiamo, volenti o nolenti. I presunti rami invece, esprimono i sogni e gli ideali, la voglia di libertà e l’avvicinamento progressivo all’empireo, a ciò che non si vede ma che muove il mondo intero. Per non parlare dei falò, come espressione di nuova vita, di crescente energia. Il gioco continua nei gioielli creati dall’artista, al centro di una collana, una coppia favoleggia mentre, in un dipinto dal taglio metafisico, un orologio da parete esalta il godimento del presente perché – come ammonisce Lorenzo il Magnifico – “di doman non c’è certezza” E allora? Non ci resta che assecondare l’ammiccante suggerimento di Marisa per ritrovare, grazie ai suoi intrighi coloristici, la gioia di vivere. Nel modo più sicuro: elevando un peana alla più allegra delle nove figlie di Giove e Mnemosine: Tersicore, la musa della danza.>> Vinicio COPPOLA
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